Storie di carta
Con la lodevole intenzione di stimolare la fantasia del lettore, vorrei suggerire qualche nuovo argomento relativo alla scrittura epistolare, valutando quanto sarebbe utile sul piano didattico e divulgativo introdurre l’argomento sulla comunicazione negli stili, nelle affrancature e nei contenuti riferito ai molti aspetti storico postali e sociali di un’epoca.
Quando, alcuni anni or sono, ebbi l’idea di cominciare a raccogliere tutto ciò che postalmente ed esteticamente c’era di più singolare nella corrispondenza di un tempo, iniziai la mia ricerca ponendo l’attenzione sui formati delle lettere, sui contenuti e sull’importanza dell’affrancatura che ne completava la spedizione.
La lettera piccola fu il valore estetico antico più attraente e meno usuale che colpì la mia fantasia, corredato da belle calligrafie e da infiniti elementi tali da definire una vera e propria arte di scrivere. Il sottotitolo più congeniale potrebbe essere: Piccola e Bella.
Nato nel 1840, il primo francobollo del mondo, il famoso Penny Black con l’effigie della regina Vittoria, fu una piccola rivoluzione nelle comunicazioni che si diffuse in pochi anni in tutti i paesi del mondo.
Ma fu anche un vanto femminile: portava il profilo di una donna.
Ripiegate e sigillate, quasi a custodire ancora oggi un segreto messaggio, queste antiche lettere sono preziosi esempi di una sempre più dimenticata abitudine di affidare agli scritti le proprie parole.
Esempi di buste e formati diversi, secondo le epoche: dai precursori della busta, ottenuti ripiegando il foglio scritto, alle bustine decorate e in seguito preconfezionate.
È di uso comune chiamare Valentine, termine di usanza anglosassone, le piccole bustine che usavano gli innamorati che nel nostro paese approdarono più tardi. Lettere femminili di esperte calligrafe, arte appresa nei collegi per signorine di buona famiglia, minibiglietti augurali di gusto fine secolo, finemente lavorati a ricamo ci mostrano le straordinarie abilità manuali di fanciulle operose nell’arte di creare.
La nobiltà italiana ed il ceto medio alto, prendendo ad esempio i modelli di lettere d’oltralpe, con gusto più raffinato e sobrio, se ne servirono per svariate funzioni comunicative.
Per chiudere la corrispondenza veniva usata generalmente o l’ostia di vecchia memoria oppure la ceralacca. Raramente, e solo da gente di censo, furono utilizzati splendidi chiudilettera su ostia e in seguito di carta.
I nobiluomini dell’epoca curavano moltissimo l’estetica epistolare e spesso apponevano alle corripondenze splendidi chiudilettere, vere e proprie miniature raffiguranti grandi e famosi letterati, artisti e poeti. I soggetti di preferenza usati dalle signore erano sovente di carattere romantico.
“Amati genitori, lo sapete che vi amo tanto con tutto il cuore, che sempre prego Iddio per voi, e che, se pure qualche volta manco ai miei doveri, ne sono tosto pentito”. Così inizia la parte dedicata agli auguri di grandi e di piccini; scritte in bella calligrafia, letterine trinate con riporti in carta a disegni floreali: i grandi esprimono auguri e sentimenti, i piccoli chiudono con tanti buoni proponimenti…
Di periodo napoleonico sono le belle carte intestate dei dipartimenti italiani con illustrazioni a stampa, che ripiegate divenivano buste. In seguito si utilizzò la carta intestata come messaggio pubblicitario nella corrispondenza commerciale; in alcune città turistiche di fama come Firenze, Venezia, Roma ecc… venne approntata una speciale carta da lettere con illustrazioni dei punti di maggiore interesse artistico; enti pubblici e privati adottarono fantasiose carte intestate.
Nella corrispondenza in partenza dagli Antichi Stati Italiani ogni stato risentì dell’influenza politico-culturale di appartenenza.
Nel Regno Lombardo Veneto, con l’introduzione dei francobolli che vennero stampati a Vienna, grazie ad un sistema postale più efficiente e ad una cultura di influenza mitteleuropea, vi fu un fiorire di magnifiche corrispondenze. Anche il regno di Sardegna, per le strette vicinanze con la Francia, risentì moltissimo di una cultura epistolare più europea, ricca di interessi e di scambi. Così pure per i piccoli Ducati di Modena e Parma guidati dagli Estensi, dove si riscontrano corrispondenze di stile molto raffinato.
Di differente impronta, rigorosamente più austera, la corrispondenza di potere nello Stato Pontificio al suo interno, ma intensa e imprevedibile tra la ricca borghesia coinvolta nelle guerre risorgimentali. Nel Regno delle Due Sicilie, per via dei numerosi collegamenti marittimi, si riscontrano maggiori corrispondenze commerciali, mentre nel Granducato di Toscana, per grande tradizione, lo scrivere divenne un’arte.
In tutto questo brevissimo periodo la parte più significativa, per grafica, colore e storia, risiede nei francobolli di breve corso e nelle rare affrancature.
Con l’Unità d’Italia si verificò una standardizzazione modesta nelle buste e nei colori. In questo interessante periodo, a causa delle vicende politiche, foriere di grandi cambiamenti, in un contesto in rapida trasformazione l’evoluzione del sistema postale assume un’importanza vitale per il paese.
Intorno al 1870 si verificò una proliferazione di corrispondenze diverse per formati ed usi, sia per i biglietti che per le stampe: iniziava l’era commerciale.
Un cenno meritano le corrispondenze di piccolo formato e di interessanti affrancature provenienti dalle località del Medio Oriente, dove si aprirono gli Uffici Italiani all’Estero, e dalla Repubblica di S. Marino in periodo precursorio, che chiudono il capitolo di un’Italia in divenire.
La prima cartolina postale emessa in Italia datata primo gennaio 1874, si ispirò, per il piccolo formato, alla cartolina postale emessa in Austria nel 1869. Ideata da I. Heneman, studiata per spedire a tassa ridotta le corrispondenze aperte, ebbe un grande successo e divenne il mezzo di comunicazione più popolare che continuerà, con le prime cartoline illustrate fino alla fine del secolo.
Infine ecco una tenera missiva scritta in bella calligrafia, esempio epistolare di piccoli sentimenti e timide confidenze:
Genova 1° ott.1852.
Carissimo fratello, Ti ringrazio molto della tua amabile lettera, la quale mi fu gratissima. Già da diversi giorni mi proponevo di scriverti, ma non avendo tempo abbastanza mi fu sempre impossibile. Godo assaissimo nel vedere il piacere che provi costì, e credi che ne prendo gran parte sia perché ti sono sommamente affezionata, sia perché, trovandomi nella stessa posizione, capisco pienamente quanta consolazione si prova. Oggi abbiamo a pranzo il mio caro Gaetano, immaginati come io sia contenta, esso viene sempre a passare le serate con noi e ti assicuro, mi sembrano brevissime.
Addio mio e amato Giuseppe, essendo un poco tardi finisco porgendoti i saluti di nostri genitori e di tutta la famiglia mentre sono di cuore.
Tua aff.ma sorella Giulia Cattaneo.